Caro Giorgio Ventura, ti scrivo queste brevi note anche se so che non le potrai mai leggere perché non sei più fra noi.
Purtroppo il primo maggio del 2003 ci hai lasciati dopo una seria malattia ed io ti piango sempre. Per me sei stato non solo un grande amico, che è già tanto, ma anche un insegnante prezioso riguardo alle tematiche del ciclismo. Quando il Resto del Carlino, circa trent'anni fa, mi chiese di scrivere articoli sullo sport del pedale, di questo settore molto complesso ne sapevo pochissimo, ma tu, con tanta pazienza e capacità, me ne spiegasti le varie sfaccettature, soprattutto la strana, intricata e per molti versi incomprensibile terminologia. In pratica, il gergo che non è comune a nessun altro sport. Scatto del fagiano, grosso, scollinare, il Garibaldi, trenino succhia ruote, finisseur, grimpeur e tante altre definizioni del genere, non sapevo nemmeno che esistessero, ma tu, amico fraterno, me le hai spiegate in modo eloquente. Si, credo d'essere stato un buon..."scolaro", ma è indubbio che se l'ostica materia sono riuscito a capirla in tutta la sua complessività, il merito va al mio maestro. Ora molti addetti ai lavori mi considerano una sagace... "penna" riguardo al ciclismo, ma se questo è vero lo debbo soprattutto a te, ai tuoi insegnamenti. Caro Giorgio, ho voluto ricordarti così nel quattordicesimo anniversario della tua prematura scomparsa. Ciao, Romano.