Dopo cinque anni d'assenza, la corsa rosa per i... "puri" Under 23 si è ripresentata sulle nostre strade organizzata dalla Nuova Placci Bubano (Imola) del presidente Marco Selleri.
La vittoria finale di questa quarantesima edizione è andata al russo Pavel Sivakov, mai primo sul traguardo nelle sette frazioni, comprese due semitappe, ma primo nella classifica finale in virtù della sua regolarità, così come fece Franco Balmamion quando s'impose nei giri d'Italia per i professionisti del 1962 e 1963.
Trnando al Giro Under 23, la prima tappa è stata vinta da Neilson Powles (Ber Man); la seconda è andata a Alexander Riabushenko (Palazzago); la terza a, Mark Padun (Colpack); la quarta a, Jasper Philipsen (Dvel); la quinta (semitappa) a, Lucas Hamilton ( Scott); la sesta (semitappa) a, Fracsco Romano della Palazzago (unico successo italiano) e la settima e ultima, a Jai Hindley (Scott). Quanto alle maglie, la rosa del primato, come detto, la conquistata Pave! Sivakov; la verde destinata al miglior scalatore l'ha presa, Nicholas Dlamini; la bianca di miglior giovane l'ha ottenuta Sivakov; l'azzura per i traguardi volanti se l'è aggiudicata Alvaro Jose Hodeg e la nera dell'ultimo in classifica è finita sulle spalle di Marco Ranieri. Padrino della manifestazione, il grande Eddy Merckx.
E' un vero peccato che a Bologna non ci sia più un velodromo. Cen'era uno sorto negli anni venti ma è stato smantellato nel '96 per far posto ad un parco.
Durante l'ultima guerra il magnifico "tondino" venne colpito da un'incursione aerea da parte degli anglo-americani e non è più stato ripristinato. S'era parlato di costruirne uno nuovo sui Prati di Caprara, ma poi non se n'è fatto nulla. Peccato perché chi è nato prima del disastroso conflitto non ha mai dimenticato le superbe riunioni che si svolsero su quella pista, soprattutto i formidabili testa a testa fra gli indimenticati Bruno Loatti e Pietro Linari, due big dello sprint. Il velodromo bolognese fu anche teatro di diversi arrivi di gare su strada e memorabile fu quello della tredicesima tappa del Giro d'Italia del 1934 che vide il successo di Giuseppe Olmo della Bianchi su Remo Bertoni della Legnano: i due lottarono spasmodicamente fin sulla fettuccia rossa. Uno sprint altamente spettacolare.
Non essendoci più a Bologna una struttura per le gare in pista è stato deciso di adibire quella di Cento di Ferrara intitolata a Corrado Ardizzoni per lo svolgimento delle manifestazioni felsinee, un impianto splendido, ma fuori dei nostri confini. Ne sorgerà negli anni a venire uno all'ombra delle Due Torri? Sono in tanti a sperarlo.
Sì, è una lunga storia che si perde nella notte dei tempi quella del Comitato Regionale dell'Emilia-Romagna delle Federciclismo.
Una storia che, si dice, sia iniziata prima del secondo conflitto mondiale, ma certezze non se ne hanno, poiché molti asseriscono che la nascita sia avvenuta subito dopo la guerra.
Chi avrà ragione? Qualcuno si chiederà: "Ma, su in Comitato non c'è la relativa documentazione?"
No, perché durante il trasloco da via dell'Indipendenza a via Tebaldi, dove il Crer dimora ora, tutto è andato perduto.
Chi scrive queste note, negli novanta ebbe l'incarico di addetto stampa del Comitato, pertanto da quella data in poi la sua storia la conosce. Prima, buio assoluto.
Bene, iniziamo da qui ad elencarne i presidenti del Crer, ma non prima d'aver detto che inizialmente la Federazione aveva nome UVI, che tradotto significava Unione Velocipedistica Italiana, la denominazione FCI, Federazion Ciclistica Italiana l'assunse in seguito.
Come accennato, ecco i presidenti del Crer che tutti ricordiamo: Oscar Pirazzini, Gianpaolo Balotta, Gianni Sinoppi, Gabriele Evangelisti, Sauro Bassetti, Celestino, Salami, Davide Balboni, Giorgio Dattaro, quest'ultimo tutt'ora in carica.
.... E quella del Comitato Bolognese
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Caro Giorgio Ventura, ti scrivo queste brevi note anche se so che non le potrai mai leggere perché non sei più fra noi.
Purtroppo il primo maggio del 2003 ci hai lasciati dopo una seria malattia ed io ti piango sempre. Per me sei stato non solo un grande amico, che è già tanto, ma anche un insegnante prezioso riguardo alle tematiche del ciclismo. Quando il Resto del Carlino, circa trent'anni fa, mi chiese di scrivere articoli sullo sport del pedale, di questo settore molto complesso ne sapevo pochissimo, ma tu, con tanta pazienza e capacità, me ne spiegasti le varie sfaccettature, soprattutto la strana, intricata e per molti versi incomprensibile terminologia. In pratica, il gergo che non è comune a nessun altro sport. Scatto del fagiano, grosso, scollinare, il Garibaldi, trenino succhia ruote, finisseur, grimpeur e tante altre definizioni del genere, non sapevo nemmeno che esistessero, ma tu, amico fraterno, me le hai spiegate in modo eloquente. Si, credo d'essere stato un buon ..."scolaro", ma è indubbio che se l'ostica materia sono riuscito a capirla in tutta la sua complessività, il merito va al mio maestro. Ora molti addetti ai lavori mi considerano una sagace... "penna" riguardo al ciclismo, ma se questo è vero lo debbo soprattutto a te, ai tuoi insegnamenti. Caro Giorgio, ho voluto ricordarti così nel quattordicesimo anniversario della tua prematura scomparsa. Ciao, Romano.